E' règul

(il regolo)


La nobile schiatta del regolo, col tempo fu dimenticata ed il popolo lo credette originato dalla mutilazione di una comune biscia, infatti, la tradizione popolare afferma che, se ad una biscia viene mozzata la coda (volutamente o per errore), questa s'ingrossa e le spunta la cresta.
Il règul è lungo cinque spanne e grosso quanto una coscia in carne, è di colore grigio-verdastro, con una cresta scarlatta sulla testa, simile a quella del gallo.
Vive di preferenza in luoghi paludosi, fra siepi, arbusti (dei quali pare preferisca la marruca) e sassi, ma non disdegna i cimiteri o i vecchi ruderi e, comunque, i luoghi silenziosi.
Insegue chiunque si avvicini alla sua dimora, lanciando fischi acuti ed anche se ha perso lo smalto dei tempi antichi, il suo sibilo, basta ancora a terrorizzare i più. Eppure, un tempo, fu protagonista di imprese leggendarie e ci vollero fior di guerrieri e santi, per ridurlo a buon partito. Come San Basilio, il quale sconfisse un mostruoso serpente che appestava l'aria e terrorizzava le popolazioni residenti lungo il fiume Santerno, fra Imola e Bubano. L'impresa, gli fu possibile grazie all'ausilio del "velo della Madonna": un rettangolo di stoffa bianca spugnosa, che ancora si conserva nell'abbazia di S.Maria in Regola, appunto, ad Imola (nella stessa Chiesa, è conservato un medaglione, dove è raffigurato un drago con la testa coronata: probabilmente un regolo). Un rettile simile, fu sconfitto anche da San Mercuriale e San Ruffillo, sulla via fra Forlì e Forlimpopoli, ma un altro regolo gli sopravvisse, sempre a Forlì, come testimoniato, almeno fino ad un'ottantina di anni fa, in una fornace abbandonata, in un luogo chiamato e'placàn, presso un acquitrino.
Un regan (come è anche chiamato in molte parti della Romandìola), viveva nei ruderi del castello che sovrastava il passo delle Pendici, a S.Cassiano, sulla via che da Faenza, porta a Firenze. Tale passo, era un lungo tratto stretto, sul fondo di un profondo burrone, costeggiante il fiume Lamone. Il suo compito pare fosse quello di osteggiare ulteriormente il, già difficoltoso transito, per quel luogo impervio. Correva, infatti, un detto popolare che avvertiva: "Guardati dal passar per le pendici, se rimaner non vuoi, morto o prigione".
Anche e' bisso dla torr (il biscione della torre), a San Pancrazio di Russi, dalla descrizione, pare appartenga alla categoria dei règul. Era descritto, infatti, come un enorme serpente, o drago, coperto di scaglie e con una cresta rossa sul capo. Esso terrorizzava il paese, divorando gli animali. La sua ingordigia di latte, lo portò persino ad uccidere una donna che allattava, dopo averle divorato il bambino, nel tentativo di succhiarle il latte. La leggenda narra che venne sconfitto da un giovane cavaliere, il quale gli troncò la testa con un solo fendente. Incastonata nel muro della vecchia villa Roncuzzi, vi è ancora una grossa palla di pietra, nella quale, la leggenda vuole sia racchiusa la testa del drago.
Ma, le manifestazioni del regolo, non sono sempre così terribili, la tradizione lo descrive, per esempio, anche intento ad imitare l'effetto dell'eco, per gabbare il malcapitato di turno.

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