UN ESTATE ROMANTICA PER IL COMANDANTE BALSIMELLI
romanzo a puntate illustrato
di
Giovanni Zanzani
Capitolo 28
- Si chiama Suljo Zlatar, viene da Sarajevo. È un pittore molto bravo – disse Domenica presentando il proprio fidanzato al comandante Balsimelli.
Seduta accanto al comandante, la giovane donna si versò una tazza di tè dalla teiera azzurra che Annibale aveva posato sul tavolo da carteggio. Alla luce della lampada a petrolio fissata alla parete il comandante la osservò. Il volto di Domenica aveva i lineamenti classici delle madonne di Antonello da Messina. I capelli raccolti in un fazzoletto chiuso sotto la nuca alla maniera balcanica, gli ricordò le donne della campagna romagnola.
- Ho sentito il signor Ernesto dire qualcosa di poco carino a proposito di un morlacco, si tratta del suo amico?
Il ragazzo del quale parlavano si trovava nel pozzetto di comando in compagnia del barone Nasca. Di fronte ai due, seduto sul lato sopravento, il marinaio Madonia impugnava la barra timonando con piccole correzioni di rotta.
- Suljo è molto più di un morlacco, è bosniaco e per giunta di famiglia mussulmana. Peggio di così non avrei potuto scegliere. Qui in Dalmazia i mussulmani della Bosnia non sono molto amati.
- Mi sembra di capire che la vita non sia facile nel regno di Jugoslavia.
- E' così, comandante. Si odiano un po' tutti, sloveni, croati, serbi e bosniaci. Poi ci sono antipatie più sottili, ai dalmati, per esempio, non piace far parte della Croazia, preferirebbero stare per conto proprio. Zara è italiana e qualcuno sostiene che dovrebbe essere italiana tutta la costa fino a Ragusa. A me e a Suljo è capitato di innamorarci, la cosa peggiore che possa accadere in questo paese a due giovani di origini diverse. Mio padre per giunta è italiano e mia madre austriaca. Io farei meglio a morire.
Il volto di Domenica si contrasse e la ragazza soffocò un gemito.

- Suljo è diverso dagli altri - riprese Domenica – ha trascorso due anni a Parigi e se avesse potuto ci sarebbe rimasto. Ama la pittura e non vorrebbe occuparsi d'altro. Io l'ho conosciuto a Spalato dove vive e dipinge da quando è tornato dalla Francia. Quest'estate è venuto a Brazza per stare un po' con me. Per mantenersi ha trovato lavoro in un cantiere di Milna, a una quarantina di chilometri da San Martino e quando era possibile mi raggiungeva per incontrarmi.
- Suo padre temeva che lei fosse fuggita con un austriaco.
- Lo so, si tratta di Joseph Topitz. Che stupidaggine! No, comandante, Joseph piaceva più a mia madre che a me. Il babbo deve essersene convinto per tutti gli inviti a cena che la mamma gli faceva recapitare. Lui disprezza chi non è italiano, pensi che avrebbe voluto farmi sposare un tale che vive a Zara, un suo amico arrivato dall'Italia l'anno scorso. Povera me, perché una ragazza non se lo può scegliere da sola l'uomo da sposare? Beh, ora saranno contenti. Lei voleva un riccone austriaco, lui un fascista grasso e antipatico. Io amo Suljo, povero, bosniaco e mussulmano e non intendo perderlo!
Il Delfino si allontanava sempre più da Brazza. Alle sue spalle gli uomini delle squadre di ricerca, dopo aver capito di essere stati beffati, si erano ritirati. Benché gli inseguitori non si fossero avvicinati abbastanza per poterli identificare, quella fuga disperata doveva aver dato loro la certezza che le due persone salite a bordo del due alberi fossero Domenica e il giovane Suljo. Quanto alla barca su cui erano fuggiti, gli abitanti di San Martino avevano certamente identificato lo yacht italiano del barone Nasca. Ora l'elegante imbarcazione si trovava in mezzo al canale di Brazza mentre il comandante Balsimelli si chiedeva quale direzione prendere e quanto tempo gli sarebbe rimasto prima di trovarsi la marina jugoslava alle costole. Dentro la tuga entrarono don Cosimo e Suljo, il barone estrasse da uno stipo una scatola di sigari e gli offrì da fumare.
Il canale di Brazza è un lungo braccio di mare compreso tra la costa croata e l'isola che gli dà il nome, una delle più grandi dell'affollato arcipelago dalmata. Partendo dal canale di Spalato, di cui è la prosecuzione, quello di Brazza si restringe sempre più dirigendosi a sudest fino a presentare, nel punto in cui si trovava il Delfino, una larghezza di circa tre miglia. Spinto dal maestrale, lo yawl navigava spedito verso la costa che si ergeva scura e massiccia nella cornice delle sue montagne.
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