IL REGOLATORE DELL'OROLOGIO

di
GIOVANNI ZANZANI



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La festa di San Giovanni era trascorsa. Le tende degli ambulanti erano state ripiegate ed essi, dopo averle caricate sui carri, consumavano la cena all'osteria. Anche Crespino si trovava nel piccolo locale, con in mano l'ennesimo bicchiere di vino. Non era mai stato un bevitore, il giovane montanaro, e ora, dopo aver bevuto tanto, si vergognava del proprio stato. Oltre a sentirsi vacillare, aveva la sensazione di essere osservato da tutti. Deposto il bicchiere sul banco, uscì nella piazza dove un gruppo di bambini continuava a correre e a gridare. All'altezza del palazzo comunale girò l'angolo e, attraversato il piazzale, salì per la piccola scala che conduceva al fienile. Raggiunto il proprio alloggio, si gettò sul pagliericcio restando a lungo senza prendere sonno, e l'assordante coro di grilli che si alzava dalla campagna non servì a distoglierlo dai suoi pensieri.
Incontrarla, guardarla, stare un po' vicino a lei. A nient'altro pensava il regolatore, mentre le costellazioni si inseguivano nella bellissima notte di giugno dentro il riquadro della finestra. Averla vista, sebbene di lontano, gli aveva procurato uno spasimo che nemmeno tutto il vino bevuto era riuscito ad allentare.
Era accaduto al culmine della festa, durante la gara di tira galletto. Clorinda si trovava nel gruppo delle ragazze che seguivano eccitate quel gioco crudele, i giovani del villaggio che saltando su un'asse tentavano di raggiungere la testa di un gallo appeso per le zampe. Il corridoio per la rincorsa, allestito dietro la chiesa, era gremito. Per primi erano partiti i bassi di statura i cui buffi tentativi avevano fatto sbellicare il pubblico dalle risate. I più alti avevano atteso che l’atmosfera si scaldasse per effettuare il proprio salto. Avvicinandosi la conclusione del torneo, schiamazzo e foga erano aumentati, coi concorrenti che facevano di tutto per mettersi in mostra. Che parapiglia quando Domenico aveva strappato la testa al povero animale e l'aveva gettata ancora sanguinante in mezzo alle fanciulle! Clorinda ne aveva avuto addirittura l'abito schizzato e tuttavia aveva riso insieme alle altre dell'insolita galanteria. Quello era stato il momento peggiore per Crespino. Nemmeno dopo che l'oste gli aveva servito da bere si era ripreso dallo sgomento. Ora, disteso sui cartocci di granturco, si girava e rigirava senza pace. Che scorno vederla sorridere così, la sua damina azzurra, e proprio a quel bellimbusto! Oh, avesse potuto compiere un gesto per farsi notare da lei, ma cosa, Dio buono, cosa? Egli sapeva di essere più intelligente di quei bifolchi, ma tutto il suo ingegno non riusciva a fargli avvicinare la ragazza del suo cuore.
Tra queste angosce sprofondava la mente del regolatore, mentre l'orologio dalla torre scandiva lo scorrere della notte.

 

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