IL REGOLATORE DELL'OROLOGIO
di
GIOVANNI ZANZANI
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Agosto era passato, le foglie dei tigli mostravano sul bordo i primi orletti scuri, tutta la campagna giaceva esausta dopo il passaggio della calura estiva. Due mesi di incursioni sull’orologio avevano portato la refurtiva del regolatore a sessanta minuti: un’ora intera di San Giovanni rubata dal corso delle giornate e collocata nelle sere per consentire a Crespino di stare vicino a Clorinda. Il regolatore tuttavia si sentiva ancora insoddisfatto: aveva preso minuti a man bassa, li aveva messi dove voleva, li considerava roba sua, ma quei minuti in presenza di Clorinda continuavano a volare. La sua ora segreta se ne stava buona buona nei recessi della macchina per tutto il giorno, ma appena Clorinda appariva sulla strada quell’ora malandrina costata tanto lavoro si metteva a correre e scompariva in un batter di ciglia.
Avanzò settembre, il sole calava sempre più presto dietro agli alberi. Nel cuore del regolatore tristi pensieri di sconfitta presero il posto dei sentimenti baldanzosi che ne avevano animato la volontà nei primi mesi d’estate. La distanza che lo separava dalla sua bella dormiente si era fatta così piccola che una sera egli poté avvertire sul viso il calore emanato dal corpo di lei. A quella sensazione l’udito del regolatore cominciò a percepire un’eco lontana. Il suono ricordava la voce del mare in una conchiglia e nel corso dell’ora di adorazione della fanciulla addormentata esso crebbe di intensità fino a diventare il terrificante frastuono di una cascata. Ciò che Crespino udiva era la voce arrabbiata del tempo che precipitava.
Dopo quella scoperta il regolatore si addormentò tra i rovi in uno stato di sconforto così grande da renderlo insensibile alle spine. Sognò Clorinda con la faccia da gatta, e i minuti dell’orologio di San Giovanni mascherati da topi che fuggivano al suo comparire.
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