IL ROMANZO DEL SIGNOR ARTURO Prefazione al quarto capitolo
Avete bisogno di un po' di fortuna, amici? Eccovi giunti al capitolo giusto, quello dove imparerete a propiziarvela, sarà il signor Arturo in persona a mostrarvi come si fa. Noi latinos alla fortuna siamo costretti a credere, perché con la classe dirigente che ci è toccata, se non ci aiuta la fortuna siamo fottuti. Fatta eccezione per i miei editori, che per arrotondare i guadagni spaccano pietre lungo le strade di questa contea, non c'è individuo, tra quelli che parlano le dolci lingue seminate dai quiriti, che non tenti di aumentare le proprie entrate offrendo sacrifici alla dea bendata.
Noi latinos alla fortuna crediamo molto più degli anglosassoni, è inutile negarlo, così come loro credono più di noi al potere salvifico del lavoro. Il popolo wasp deve i propri sani principi alla riforma protestante, noi latinos dobbiamo i nostri disastrati costumi alla immobilità del papato, ma ciò non basta ad assolverci. A nostra difesa voglio affermare che se la tendenza a furbeggiare che ci caratterizza non è una marca onorevole, almeno ci consente di cambiare bandiera con velocità, che se si segue una bandiera stronza è un affare.
Un falegname delle mie parti riuscì, scappando a piedi da Mosca a Odessa, a riportare a casa la pelle dalla Russia dove la coglioneria mussoliniana l'aveva spedito. Quel miracolato tenne fino alla morte in bottega, accanto all’immagine del patrono San Giuseppe, la ridente icona di un diavoletto. A chi si stupiva dello strano accostamento, rispondeva affermando che la fortuna non si sa mai da dove arrivi e lui, che alla fortuna doveva tanto, non se la sentiva di fare discriminazioni. Fu in quel modo che campò fino quasi a cent’anni.
La quarta avventura del signor Arturo è bella che presentata. Anche il ragionier Diaz fa conto di non credere nelle bubbole della sorte, però ci prova lo stesso a farla girare a suo favore. Noi latinos siamo fatti così, ci vestiamo all'inglese, ma se passa un gatto nero facciamo gli scongiuri.
Buona lettura. Giovanni Zanzani.
P.S. Il fatto che gli editori di questo sito spacchino pietre al bordo delle strade non vuole dire che i due malnati si trovino in bolletta, ma dimostra quanto quell'astuta coppia di affaristi creda nella solidità del contante. Infatti è stata la passione per le banconote a portarli fin lì. Riguardo alla catena con la quale i loro piedi sono collegati a una grossa sfera di acciaio, si tratta di un effetto collaterale che colpisce chi il contante lo preleva troppo in fretta, soprattutto se dimentica di esibire alla banca le credenziali giuste.
Ancora una volta agosto era arrivato. Il signor Arturo se ne stava sul grande terrazzo che faceva da tetto al condominio, seduto su uno sdraio a contemplare le stelle. La sigaretta tra le dita e gli occhi rivolti al cielo, si godeva il fresco della notte. La moglie e i figli si trovavano in montagna e nell'incanto di quella solitudine il signor Arturo cominciava a sentire il suono della propria anima.
Egli amava molto quel periodo dell’anno e amava in particolare la notte di San Lorenzo, la notte delle stelle cadenti, che sin dall'infanzia era abituato a trascorrere guardando il cielo. Non che ci credesse tanto nella storia dei desideri, in fondo si trattava solo di una vecchia tradizione, però era così bello passare la notte tra il dieci e l'undici di agosto con gli occhi persi nel cielo stellato, e poi che male c’era a sperare un poco nella fortuna?
Il signor Arturo si era appostato da qualche minuto quando una scia luminosa solcò il cielo. Subito il suo pensiero corse ai desideri, ma qui successe un inghippo: due di quelli si fecero avanti contemporaneamente e, come fanno i ragazzi quando escono dall'aula scolastica, nessuno volle cedere il passo. Trascorsero alcuni secondi, la situazione non accennava a sbloccarsi. Si trattava di un avanzamento di carriera - ci teneva tanto il signor Arturo - e di un trenta e lode per il primo esame della figlia all’università. Scrollando il capo il signor Arturo si chiese se la ragazza avrebbe avuto le stesse attenzioni nei suoi riguardi. Intanto se ne erano andati diversi minuti, la stella chissà dov'era finita. Si distese e si dedicò nuovamente all'osservazione del cielo dopo aver stabilito che la stella successiva sarebbe stata dedicata all'esame di Angela.
Aveva appena formulato questo proposito quando si ricordò del vecchio progetto della moglie di fare un viaggio in America. Proprio in quel momento una seconda meteora attraversò l'atmosfera. L'immagine delle due donne divise la sua attenzione in maniera così equilibrata che anche quella stella ebbe tutto il tempo di tuffarsi nell'oceano dove era diretta senza ricevere alcuna richiesta di aiuto. Il signor Arturo venne preso dalla stizza: a furia di incertezze la notte delle stelle cadenti sarebbe finita in malora! Gli venne caldo, si tolse la giacca e strinse i pugni: è meglio che ognuno pensi per sé, disse. Accese una sigaretta e lasciò che lo sguardo vagasse tra gli astri: avrebbe espresso il proprio desiderio, ottenere la promozione e diventare capufficio.
La promozione. Ma era un desiderio da dover chiedere al cielo? Col tempo il passaggio di grado sarebbe avvenuto per anzianità. Un'avventura con la signorina Gabrielli, quello era un desiderio da stelle! Fare l'amore con la segretaria del direttore, accarezzare le sue lunghissime gambe, baciarla a perdifiato, ecco un evento quasi impossibile, altro che promozione! E poi, che sono questi desideri piccolo borghesi, pensò il signor Arturo, che me ne faccio della promozione, quattro soldi in più in cambio di un sacco di grane!
Gli occhi intanto gli si erano chiusi, il signor Arturo sentì una stretta al cuore. Se ne cade una ora, che chiedo: amore o salto di carriera? Non li riaprirò se non dopo aver preso una decisione. Ma la decisione non arrivava. Il signor Arturo li riaprì e li rivolse diffidente verso il cielo. Il pensiero della Gabrielli era troppo forte per barattarlo con una futile questione amministrativa: chiederò lei alla prossima stella, stabilì, è il genere di desiderio che meglio si adatta a una notte come questa.
La risoluzione presa lo fece sentire proiettato nell'avventura. Immaginava la ragazza di fronte a lui, sorridente e disponibile. Dove sarebbe avvenuto il fatto, in ufficio? Impensabile! A casa? Men che meno! In albergo, in un bell'albergo. Lì però avrebbero dovuto esibire i documenti. No, in albergo non andava bene. In automobile? Ce ne sarebbe voluta una nuova, non poteva far spogliare una ragazza come quella sugli strapuntini del suo catorcio! Addio avventura, pensò il signor Arturo, qui le cose si complicano. Bisognava semplificare i termini del problema: l'auto era l'elemento centrale, una fiammante auto sportiva, ecco il desiderio giusto. La Gabrielli non avrebbe resistito all'invito su una spyder di lusso, il resto sarebbe venuto da sé.
In quell'istante preciso cadde una stella. La mente del signor Arturo si orientò sulla ragazza, deviò per l'automobile e naufragò nella pletora dei modelli che gli piacevano. La sua stizza divenne blu. Contro di sé, contro il mondo, contro le automobili, contro tutto ciò che gli attraversava la testa in quei momenti e contro la propria incapacità di decidere.
L'attesa riprese, il signor Arturo non sapeva più cosa fare. Possibile che per ogni desiderio ci fossero tante variabili? Forse era meglio formulare un'idea sola, una cosa semplice: la signorina Gabrielli, per esempio. Ai dettagli avrebbe provveduto il destino. Sì, questa era la strada giusta: la stella cade e io penso alla persona. A proposito di persone però, anche Carla Rossi non è male. Carla Rossi o la Gabrielli? E perché non la barista nuova, con quel suo sorriso malizioso?
Una stella attraversò il gran carro perdendosi nella selva di antenne che popolavano la città. Il signor Arturo strinse i denti ma il suo cervello non si mosse.
Da non crederci! Una notte di San Lorenzo con stelle cadenti a dozzine e lui che non riusciva a domandare neanche un accendino. Il signor Arturo soffriva terribilmente. Tutta così la sua vita. Idee a bizzeffe e uno stupido complicato cervello incapace di districarsi fra di esse. Eppure un po' di controllo doveva provare ad esercitarlo, bastava calmarsi e ragionare. Chiederò una vincita al totocalcio, decise, non una gran cifra, centomila euro. Uno con centomila euro può avere una bella automobile. Si vedrà poi, che marca scegliere e quale ragazza invitare. Questa decisione gli fece tornare il buonumore: adesso godiamoci lo spettacolo, pensò. Stella cadente: centomila euro, non è difficile. Stella cadente, centomila euro.
Passò un'ora. Il cielo si muoveva sopra di lui con implacabile lentezza. Il signor Arturo guardava le costellazioni cercando di riconoscere le più importanti e si abbandonava a mille riflessioni: Sarà meglio portarla al mare o in montagna? E’ ancora di moda regalare gioielli? Meglio con la cravatta o senza? E intanto, quasi di nascosto ripeteva: stella cadente, centomila euro. Passò un'altra ora. Il signor Arturo iniziò a sentire freddo. Senza staccare gli occhi dalla volta scura, aprì il plaid che si era portato e se lo avvolse intorno alle gambe. La sua inquietudine aumentava. Una sola, una piccollissima. Possibile che fossero già cadute tutte? Possibile che il cielo non avesse in serbo per lui nemmeno un granello di polvere stellare? Passò altro tempo, al signor Arturo cominciarono a informicolirsi le gambe. Una stella, cominciò a pensare, una stella ora. L'idea vorticava nella sua testa con sempre maggiore insistenza. Una stella, una stella, una stella! Alla fine, arrabbiatissimo, si alzò in piedi ed esclamò:
-Stupido cielo estivo, sai cosa ti dico? Mi sono stancato di aspettare i tuoi comodi. Se è vero che esaudisci i desideri, senti questo: mandami ora una stella cadente.-
Ecco che la più grande stella cadente che egli avesse mai osservato entrò nel suo campo visivo e, tagliando decine di costellazioni, si perse verso oriente.
Il signor Arturo si mise a ridere come un bambino, e rise, rise, rise fino a piangere.
Avete bisogno di un po' di fortuna, amici? Eccovi giunti al capitolo giusto, quello dove imparerete a propiziarvela, sarà il signor Arturo in persona a mostrarvi come si fa. Noi latinos alla fortuna siamo costretti a credere, perché con la classe dirigente che ci è toccata, se non ci aiuta la fortuna siamo fottuti. Fatta eccezione per i miei editori, che per arrotondare i guadagni spaccano pietre lungo le strade di questa contea, non c'è individuo, tra quelli che parlano le dolci lingue seminate dai quiriti, che non tenti di aumentare le proprie entrate offrendo sacrifici alla dea bendata.
Noi latinos alla fortuna crediamo molto più degli anglosassoni, è inutile negarlo, così come loro credono più di noi al potere salvifico del lavoro. Il popolo wasp deve i propri sani principi alla riforma protestante, noi latinos dobbiamo i nostri disastrati costumi alla immobilità del papato, ma ciò non basta ad assolverci. A nostra difesa voglio affermare che se la tendenza a furbeggiare che ci caratterizza non è una marca onorevole, almeno ci consente di cambiare bandiera con velocità, che se si segue una bandiera stronza è un affare.
Un falegname delle mie parti riuscì, scappando a piedi da Mosca a Odessa, a riportare a casa la pelle dalla Russia dove la coglioneria mussoliniana l'aveva spedito. Quel miracolato tenne fino alla morte in bottega, accanto all’immagine del patrono San Giuseppe, la ridente icona di un diavoletto. A chi si stupiva dello strano accostamento, rispondeva affermando che la fortuna non si sa mai da dove arrivi e lui, che alla fortuna doveva tanto, non se la sentiva di fare discriminazioni. Fu in quel modo che campò fino quasi a cent’anni.
La quarta avventura del signor Arturo è bella che presentata. Anche il ragionier Diaz fa conto di non credere nelle bubbole della sorte, però ci prova lo stesso a farla girare a suo favore. Noi latinos siamo fatti così, ci vestiamo all'inglese, ma se passa un gatto nero facciamo gli scongiuri.
Buona lettura. Giovanni Zanzani.
P.S. Il fatto che gli editori di questo sito spacchino pietre al bordo delle strade non vuole dire che i due malnati si trovino in bolletta, ma dimostra quanto quell'astuta coppia di affaristi creda nella solidità del contante. Infatti è stata la passione per le banconote a portarli fin lì. Riguardo alla catena con la quale i loro piedi sono collegati a una grossa sfera di acciaio, si tratta di un effetto collaterale che colpisce chi il contante lo preleva troppo in fretta, soprattutto se dimentica di esibire alla banca le credenziali giuste.
COME FU CHE IL SIGNOR ARTURO PERSE UNA SCARPA |
Capitolo quarto
Fortuna
Ancora una volta agosto era arrivato. Il signor Arturo se ne stava sul grande terrazzo che faceva da tetto al condominio, seduto su uno sdraio a contemplare le stelle. La sigaretta tra le dita e gli occhi rivolti al cielo, si godeva il fresco della notte. La moglie e i figli si trovavano in montagna e nell'incanto di quella solitudine il signor Arturo cominciava a sentire il suono della propria anima.
Egli amava molto quel periodo dell’anno e amava in particolare la notte di San Lorenzo, la notte delle stelle cadenti, che sin dall'infanzia era abituato a trascorrere guardando il cielo. Non che ci credesse tanto nella storia dei desideri, in fondo si trattava solo di una vecchia tradizione, però era così bello passare la notte tra il dieci e l'undici di agosto con gli occhi persi nel cielo stellato, e poi che male c’era a sperare un poco nella fortuna?
Il signor Arturo si era appostato da qualche minuto quando una scia luminosa solcò il cielo. Subito il suo pensiero corse ai desideri, ma qui successe un inghippo: due di quelli si fecero avanti contemporaneamente e, come fanno i ragazzi quando escono dall'aula scolastica, nessuno volle cedere il passo. Trascorsero alcuni secondi, la situazione non accennava a sbloccarsi. Si trattava di un avanzamento di carriera - ci teneva tanto il signor Arturo - e di un trenta e lode per il primo esame della figlia all’università. Scrollando il capo il signor Arturo si chiese se la ragazza avrebbe avuto le stesse attenzioni nei suoi riguardi. Intanto se ne erano andati diversi minuti, la stella chissà dov'era finita. Si distese e si dedicò nuovamente all'osservazione del cielo dopo aver stabilito che la stella successiva sarebbe stata dedicata all'esame di Angela.
Aveva appena formulato questo proposito quando si ricordò del vecchio progetto della moglie di fare un viaggio in America. Proprio in quel momento una seconda meteora attraversò l'atmosfera. L'immagine delle due donne divise la sua attenzione in maniera così equilibrata che anche quella stella ebbe tutto il tempo di tuffarsi nell'oceano dove era diretta senza ricevere alcuna richiesta di aiuto. Il signor Arturo venne preso dalla stizza: a furia di incertezze la notte delle stelle cadenti sarebbe finita in malora! Gli venne caldo, si tolse la giacca e strinse i pugni: è meglio che ognuno pensi per sé, disse. Accese una sigaretta e lasciò che lo sguardo vagasse tra gli astri: avrebbe espresso il proprio desiderio, ottenere la promozione e diventare capufficio.
La promozione. Ma era un desiderio da dover chiedere al cielo? Col tempo il passaggio di grado sarebbe avvenuto per anzianità. Un'avventura con la signorina Gabrielli, quello era un desiderio da stelle! Fare l'amore con la segretaria del direttore, accarezzare le sue lunghissime gambe, baciarla a perdifiato, ecco un evento quasi impossibile, altro che promozione! E poi, che sono questi desideri piccolo borghesi, pensò il signor Arturo, che me ne faccio della promozione, quattro soldi in più in cambio di un sacco di grane!
Gli occhi intanto gli si erano chiusi, il signor Arturo sentì una stretta al cuore. Se ne cade una ora, che chiedo: amore o salto di carriera? Non li riaprirò se non dopo aver preso una decisione. Ma la decisione non arrivava. Il signor Arturo li riaprì e li rivolse diffidente verso il cielo. Il pensiero della Gabrielli era troppo forte per barattarlo con una futile questione amministrativa: chiederò lei alla prossima stella, stabilì, è il genere di desiderio che meglio si adatta a una notte come questa.
La risoluzione presa lo fece sentire proiettato nell'avventura. Immaginava la ragazza di fronte a lui, sorridente e disponibile. Dove sarebbe avvenuto il fatto, in ufficio? Impensabile! A casa? Men che meno! In albergo, in un bell'albergo. Lì però avrebbero dovuto esibire i documenti. No, in albergo non andava bene. In automobile? Ce ne sarebbe voluta una nuova, non poteva far spogliare una ragazza come quella sugli strapuntini del suo catorcio! Addio avventura, pensò il signor Arturo, qui le cose si complicano. Bisognava semplificare i termini del problema: l'auto era l'elemento centrale, una fiammante auto sportiva, ecco il desiderio giusto. La Gabrielli non avrebbe resistito all'invito su una spyder di lusso, il resto sarebbe venuto da sé.
In quell'istante preciso cadde una stella. La mente del signor Arturo si orientò sulla ragazza, deviò per l'automobile e naufragò nella pletora dei modelli che gli piacevano. La sua stizza divenne blu. Contro di sé, contro il mondo, contro le automobili, contro tutto ciò che gli attraversava la testa in quei momenti e contro la propria incapacità di decidere.
L'attesa riprese, il signor Arturo non sapeva più cosa fare. Possibile che per ogni desiderio ci fossero tante variabili? Forse era meglio formulare un'idea sola, una cosa semplice: la signorina Gabrielli, per esempio. Ai dettagli avrebbe provveduto il destino. Sì, questa era la strada giusta: la stella cade e io penso alla persona. A proposito di persone però, anche Carla Rossi non è male. Carla Rossi o la Gabrielli? E perché non la barista nuova, con quel suo sorriso malizioso?
Una stella attraversò il gran carro perdendosi nella selva di antenne che popolavano la città. Il signor Arturo strinse i denti ma il suo cervello non si mosse.
Da non crederci! Una notte di San Lorenzo con stelle cadenti a dozzine e lui che non riusciva a domandare neanche un accendino. Il signor Arturo soffriva terribilmente. Tutta così la sua vita. Idee a bizzeffe e uno stupido complicato cervello incapace di districarsi fra di esse. Eppure un po' di controllo doveva provare ad esercitarlo, bastava calmarsi e ragionare. Chiederò una vincita al totocalcio, decise, non una gran cifra, centomila euro. Uno con centomila euro può avere una bella automobile. Si vedrà poi, che marca scegliere e quale ragazza invitare. Questa decisione gli fece tornare il buonumore: adesso godiamoci lo spettacolo, pensò. Stella cadente: centomila euro, non è difficile. Stella cadente, centomila euro.
Passò un'ora. Il cielo si muoveva sopra di lui con implacabile lentezza. Il signor Arturo guardava le costellazioni cercando di riconoscere le più importanti e si abbandonava a mille riflessioni: Sarà meglio portarla al mare o in montagna? E’ ancora di moda regalare gioielli? Meglio con la cravatta o senza? E intanto, quasi di nascosto ripeteva: stella cadente, centomila euro. Passò un'altra ora. Il signor Arturo iniziò a sentire freddo. Senza staccare gli occhi dalla volta scura, aprì il plaid che si era portato e se lo avvolse intorno alle gambe. La sua inquietudine aumentava. Una sola, una piccollissima. Possibile che fossero già cadute tutte? Possibile che il cielo non avesse in serbo per lui nemmeno un granello di polvere stellare? Passò altro tempo, al signor Arturo cominciarono a informicolirsi le gambe. Una stella, cominciò a pensare, una stella ora. L'idea vorticava nella sua testa con sempre maggiore insistenza. Una stella, una stella, una stella! Alla fine, arrabbiatissimo, si alzò in piedi ed esclamò:
-Stupido cielo estivo, sai cosa ti dico? Mi sono stancato di aspettare i tuoi comodi. Se è vero che esaudisci i desideri, senti questo: mandami ora una stella cadente.-
Ecco che la più grande stella cadente che egli avesse mai osservato entrò nel suo campo visivo e, tagliando decine di costellazioni, si perse verso oriente.
Il signor Arturo si mise a ridere come un bambino, e rise, rise, rise fino a piangere.
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