IL ROMANZO DEL SIGNOR ARTURO Prefazione al nono capitolo
Se pensavate che il signor Arturo fosse un uomo tutto di un pezzo, con l'avventura numero nove sarete costretti a ricredervi, anche lui, come tutti noi, ha la mente divisa in parti come il tronco di un albero pronto per il caminetto. La cosa grave (ma da quando quel perditempo di Sigmund Freud ne ha parlato, comune a molti) è che il signor Arturo considera questo fatto del tutto normale, ragiona a puntate e non si cura della figura che fa davanti al mondo.
Il motivo che ha spinto il signor Arturo nella condizione delicata nella quale lo troverete è l'amore. Così dobbiamo usare molta benevolenza, l'amore è una cosa che fa dare di matto a tutti.
Scrivendo questa storia non sapevo che pesci prendere, il personaggio mi si scomponeva sul tavolo come una collana di perle col filo rotto, ma il signor Arturo in un battibaleno ha risolto il problema. Naturalmente ha fatto tutto da solo.
Buona lettura. Giovanni Zanzani.
P.S. Dopo gli scandali avvenuti nei piani alti della repubblica è molto difficile parlare di sesso senza buttarla in politica. Ma il sesso in corso nella capitale è un'attività a pagamento, quindi lontana anni luce delle vicende narrate nel capitolo nove delle storie di Arturo.
Una considerazione di natura storico-politica però devo farla (sperando che sfugga alla censura di quei due tiranni dei miei editori).
A me sembra che qualcuno abbia frainteso il senso della libertà in democrazia. I padri costituenti scampati agli orrori della guerra e della dittatura godevano inneggiando alla libertà ritrovata. I padri governanti di ora (dovrei dire papi) godono esclamando: “Ragazze, mettetevi in libertà!”
No, non si tratta dello stesso tipo di libertà, qualcuno ha davvero frainteso.
Quel giorno il signor Arturo era uscito di casa solo a metà, nel senso che una metà di lui non ne aveva voluto sapere di lasciare il letto: con questo freddo, aveva detto la metà pigra a quella volonterosa, esci tu se ti pare, io preferisco dormire. Il fatto di dividersi in due, che accadeva di tanto in tanto, si verificava quando il signor Arturo discuteva con se stesso e quando questo avveniva ne poteva saltar fuori una bella arrabbiatura. Il conflitto durava fino a che una delle due parti non convinceva l’altra della superiorità delle proprie ragioni, le due metà si riappacificavano e tutto tornava come prima, cioè il signor Arturo ritornava ad essere una persona sola. Perché il signor Arturo era troppo amante della tranquillità per accettare di rimanere diviso per molto tempo. Però se l’arrabbiatura era consistente poteva succedere che i due contendenti non raggiungessero un accordo. In quel caso avveniva una vera e propria separazione e il mezzo Arturo più intransigente se ne andava sbattendo la porta.
I colleghi, quando lui arrivava al lavoro a metà, non ci facevano caso: il signor Arturo era uno che non dava grandi soddisfazioni, poche chiacchiere, mai una maldicenza, mai parlare di sport, insomma che ci fosse tutto o solo in parte, per i colleghi non cambiava niente. La sola ad accorgersi del suo dimezzamento era la dattilografa dell’ufficio cambi. Quando il fenomeno si verificava, la biondissima Ardea Dessimis lo capiva immediatamente che il ragionier Diaz non c’era tutto, allora lo affrontava con battutine che a modo loro volevano sembrare simpatiche.
- Che accade signor Arturo, è la dieta che la assottiglia così? - Oppure - Ha fatto bene a smetterla col doppio petto signor Arturo, la giacca a un petto le dona di più!
Appena detta la stupidaggine Ardea si fermava ad osservare le reazioni, perché in quei giorni, quando era solo la metà di se stesso, il signor Arturo poteva diventare molto villano. Quella volta alle parole - Ha ripreso a far palestra, signor Arturo, che mi sembra così magro? - lui aveva sorriso a mezza bocca, e fin qui non c’era niente di strano per uno diviso a metà, poi aveva soffiato un bel - Ma si faccia gli affari suoi! - che aveva convinto la bionda Ardea a lasciar perdere.
Tutto si sarebbe svolto come sempre, la metà del signor Arturo che temeva di più la solitudine avrebbe rinunciato alla propria intransigenza pur di tornare insieme all’altra e il signor Arturo avrebbe ripreso a uscire di casa tutto intero. Ciò sarebbe accaduto, anzi stava per accadere quando le cose si complicarono. Al rientro dal lavoro il mezzo signor Arturo che si era recato in ufficio trovò la casa vuota e un messaggio dove l’altro mezzo gli comunicava di essere a cena con Doris Rolando, una insegnante di arpa che abitava fuori città. Era avvenuto ciò che la parte riflessiva del signor Arturo temeva di più: la sua parte impulsiva si era avviata alla vita dissoluta!
L’operazione aveva preso il via alla mattina: partito il mezzo signor Arturo, l’altro mezzo aveva staccato telefono e sveglia, e a mezzogiorno passato ancora poltriva nel letto. L’ufficio, pensava la metà indisciplinata mentre si girava tra le lenzuola, non c’è solo l’ufficio a questo mondo!
Infine la voglia di incontrare Doris era uscita allo scoperto insieme ad altri desideri licenziosi, e l’assenza della parte di cervello dove risiedono le funzioni di autocontrollo aveva fatto sì che quell’idea transitasse senza censure nel compartimento delle azioni volontarie e consapevoli. La sera stessa il signor Arturo e Doris Rolando si videro allo Chalet delle Rose, un vero e proprio labirinto di separè, e nella penombra Doris lasciò che il signor Arturo la baciasse.
- Questa non me la doveva fare - disse la metà ragionevole del signor Arturo che in quei casi si riferiva all’altra usando la terza persona - questa non me la doveva proprio fare!
La cosa era oltremodo irritante perchè in un passato molto lontano Doris aveva avuto una relazione con lui. L’improbabile fidanzamento si era interrotto a causa dello stile di vita di Doris, ragazza molto disinvolta, perennemente inseguita da un codazzo di uomini. L’avventura aveva ferito l’amor proprio del giovane Arturo e i due si erano lasciati con qualche ruvidezza. Da allora, se c’era una persona in tutta la città che lui incontrava malvolentieri era Doris Rolando, anche se il desiderio di rivederla aveva continuato a causare nel suo cuore una certa confusione.
Il giorno successivo al dimezzamento, Ardea Dessimis stava trascrivendo i resoconti mensili quando entrò in ufficio un signor Arturo così diafano che Ardea fece fatica a contenere un grido di raccapriccio. La bionda dattilografa che attribuiva all’amore ogni disturbo fisico, suppose che il ragionier Diaz si fosse ridotto in quelle condizioni a causa di una relazione extraconiugale. La verità, un poco più complessa della supposizione di Ardea, era che nel corso della notte le due parti del signor Arturo si erano incontrate per strada ed avevano dato il via a un duello di offese che le aveva ridotte a malpartito.
- Incosciente depravato! - aveva esordito la parte seria.
- Borghesuccio! - era stata la risposta dell’altra.
- Erotomane pazzo!
- Perbenista!
- Maniaco sessuale!
- Impotente!
La violenza della lite aveva fatto sì che da quelle che erano state due parti abbastanza omogenee della sua personalità venisse fuori di tutto: pregi, difetti, debolezze, istinti, e che ognuno di quei frammenti se ne andasse in giro per la città per conto proprio. Al lavoro si presentò la costanza professionale, unità che rappresentava sì e no il venti per cento dell’intero, ecco il motivo dell’aspetto emaciato che aveva allarmato Ardea.
Quel poco di signor Arturo che si era recato in ufficio si accinse a smaltire le pratiche che si trovavano sul tavolo. Benché la costanza professionale fosse la parte più versata nei calcoli, la mancanza di quote importanti di pensiero ne rese impossibile l’esecuzione. Il signor Arturo quel giorno non combinò nulla e tuttavia l’enorme autostima presente in quella piccola parte di sé gli lasciò credere di avere lavorato parecchio. Fu verso sera che la figura di Doris ricomparve tra i pensieri del capocontabile (nel distretto ragionieristico del suo cervello le immagini legate al piacere navigavano con molta lentezza).
-Bisogna troncare quella spiacevolissima relazione prima che sia troppo tardi!-
Ecco quale fu la decisione di quella modesta parte del signor Arturo, la quale immediatamente si mise in contatto con Doris per organizzare un incontro chiarificatore. Nel frattempo anche le altre frazioni avevano preso la decisione di rivedere Doris, ma con scopi molto diversi. Fu così che un folto gruppo di signori Arturo si accinse a partecipare al rendez-vous.
L’istinto sessuale fu il primo a presentarsi all’indirizzo della donna. La parte più esuberante del signor Arturo era un essere selvatico che Doris tentò sulle prime di tenere a bada. Ella tuttavia trovò molto lusinghiero che il signor Arturo tentasse approcci ancora prima di togliersi il soprabito.
Qualcuno suonò alla porta mentre Doris stava rivestendosi e il signor Arturo prese l’incombenza di andare ad aprire. Si trattava del secondo rappresentante dei ribelli, per l’esattezza lo spirito giovanile. Mentre l’istinto sessuale si nascondeva in salotto, il nuovo arrivato prese il suo posto tra le braccia della signora Rolando. La professoressa, ignara di quegli sdoppiamenti, non seppe nascondere il suo entusiasmo per il nuovo assalto. Mano a mano che le parti disperse del signor Arturo giungevano alla porta, il gioco si ripeteva e l’ultimo arrivato si tuffava nell’alcova della professoressa: i bastardi avevano programmato tutto! All’ennesimo amplesso la matura arpista dovette concludere che il vecchio fidanzato era un uomo davvero non comune!
Fu alle due di notte che fece la sua apparizione l’accigliatissimo senso di responsabilità del ragioniere. Sui divani, sulle sedie in cucina, sui tappeti, le frazioni ribelli del signor Arturo apparivano come soldati dopo una battaglia. Il senso di responsabilità, che a scanso di equivoci aveva lasciato la costanza professionale giù in strada, avanzò fino al letto dove la professoressa Rolando giaceva stravolta dalla notte d’amore. Quando la donna aprì gli occhi, egli la salutò con freddezza e uscì seguito da tutta la compagnia. L’opera di ricongiungimento del signor Arturo ebbe termine all’alba e per la verità nessuno dei frammenti in cui egli si trovava diviso vi si oppose.
A casa, entrato nella vasca da bagno per darsi una lavata, il ragionier Diaz fu vinto da un sonno profondo. Dormiva già da un pezzo nell’acqua quando venne raggiunto dalla concupiscienza che, ingannando tutti, era rimasta ancora un poco tra le lenzuola di Doris. Fu con molta circospezione che l’ultima parte del signor Arturo si riunì alle altre, perché se l’uomo si fosse svegliato le discussioni sarebbero riprese e chissà come sarebbe andata a finire.
Se pensavate che il signor Arturo fosse un uomo tutto di un pezzo, con l'avventura numero nove sarete costretti a ricredervi, anche lui, come tutti noi, ha la mente divisa in parti come il tronco di un albero pronto per il caminetto. La cosa grave (ma da quando quel perditempo di Sigmund Freud ne ha parlato, comune a molti) è che il signor Arturo considera questo fatto del tutto normale, ragiona a puntate e non si cura della figura che fa davanti al mondo.
Il motivo che ha spinto il signor Arturo nella condizione delicata nella quale lo troverete è l'amore. Così dobbiamo usare molta benevolenza, l'amore è una cosa che fa dare di matto a tutti.
Scrivendo questa storia non sapevo che pesci prendere, il personaggio mi si scomponeva sul tavolo come una collana di perle col filo rotto, ma il signor Arturo in un battibaleno ha risolto il problema. Naturalmente ha fatto tutto da solo.
Buona lettura. Giovanni Zanzani.
P.S. Dopo gli scandali avvenuti nei piani alti della repubblica è molto difficile parlare di sesso senza buttarla in politica. Ma il sesso in corso nella capitale è un'attività a pagamento, quindi lontana anni luce delle vicende narrate nel capitolo nove delle storie di Arturo.
Una considerazione di natura storico-politica però devo farla (sperando che sfugga alla censura di quei due tiranni dei miei editori).
A me sembra che qualcuno abbia frainteso il senso della libertà in democrazia. I padri costituenti scampati agli orrori della guerra e della dittatura godevano inneggiando alla libertà ritrovata. I padri governanti di ora (dovrei dire papi) godono esclamando: “Ragazze, mettetevi in libertà!”
No, non si tratta dello stesso tipo di libertà, qualcuno ha davvero frainteso.
COME FU CHE IL SIGNOR ARTURO PERSE UNA SCARPA |
Capitolo nono
Divisione
Quel giorno il signor Arturo era uscito di casa solo a metà, nel senso che una metà di lui non ne aveva voluto sapere di lasciare il letto: con questo freddo, aveva detto la metà pigra a quella volonterosa, esci tu se ti pare, io preferisco dormire. Il fatto di dividersi in due, che accadeva di tanto in tanto, si verificava quando il signor Arturo discuteva con se stesso e quando questo avveniva ne poteva saltar fuori una bella arrabbiatura. Il conflitto durava fino a che una delle due parti non convinceva l’altra della superiorità delle proprie ragioni, le due metà si riappacificavano e tutto tornava come prima, cioè il signor Arturo ritornava ad essere una persona sola. Perché il signor Arturo era troppo amante della tranquillità per accettare di rimanere diviso per molto tempo. Però se l’arrabbiatura era consistente poteva succedere che i due contendenti non raggiungessero un accordo. In quel caso avveniva una vera e propria separazione e il mezzo Arturo più intransigente se ne andava sbattendo la porta.
I colleghi, quando lui arrivava al lavoro a metà, non ci facevano caso: il signor Arturo era uno che non dava grandi soddisfazioni, poche chiacchiere, mai una maldicenza, mai parlare di sport, insomma che ci fosse tutto o solo in parte, per i colleghi non cambiava niente. La sola ad accorgersi del suo dimezzamento era la dattilografa dell’ufficio cambi. Quando il fenomeno si verificava, la biondissima Ardea Dessimis lo capiva immediatamente che il ragionier Diaz non c’era tutto, allora lo affrontava con battutine che a modo loro volevano sembrare simpatiche.
- Che accade signor Arturo, è la dieta che la assottiglia così? - Oppure - Ha fatto bene a smetterla col doppio petto signor Arturo, la giacca a un petto le dona di più!
Appena detta la stupidaggine Ardea si fermava ad osservare le reazioni, perché in quei giorni, quando era solo la metà di se stesso, il signor Arturo poteva diventare molto villano. Quella volta alle parole - Ha ripreso a far palestra, signor Arturo, che mi sembra così magro? - lui aveva sorriso a mezza bocca, e fin qui non c’era niente di strano per uno diviso a metà, poi aveva soffiato un bel - Ma si faccia gli affari suoi! - che aveva convinto la bionda Ardea a lasciar perdere.
Tutto si sarebbe svolto come sempre, la metà del signor Arturo che temeva di più la solitudine avrebbe rinunciato alla propria intransigenza pur di tornare insieme all’altra e il signor Arturo avrebbe ripreso a uscire di casa tutto intero. Ciò sarebbe accaduto, anzi stava per accadere quando le cose si complicarono. Al rientro dal lavoro il mezzo signor Arturo che si era recato in ufficio trovò la casa vuota e un messaggio dove l’altro mezzo gli comunicava di essere a cena con Doris Rolando, una insegnante di arpa che abitava fuori città. Era avvenuto ciò che la parte riflessiva del signor Arturo temeva di più: la sua parte impulsiva si era avviata alla vita dissoluta!
L’operazione aveva preso il via alla mattina: partito il mezzo signor Arturo, l’altro mezzo aveva staccato telefono e sveglia, e a mezzogiorno passato ancora poltriva nel letto. L’ufficio, pensava la metà indisciplinata mentre si girava tra le lenzuola, non c’è solo l’ufficio a questo mondo!
Infine la voglia di incontrare Doris era uscita allo scoperto insieme ad altri desideri licenziosi, e l’assenza della parte di cervello dove risiedono le funzioni di autocontrollo aveva fatto sì che quell’idea transitasse senza censure nel compartimento delle azioni volontarie e consapevoli. La sera stessa il signor Arturo e Doris Rolando si videro allo Chalet delle Rose, un vero e proprio labirinto di separè, e nella penombra Doris lasciò che il signor Arturo la baciasse.
- Questa non me la doveva fare - disse la metà ragionevole del signor Arturo che in quei casi si riferiva all’altra usando la terza persona - questa non me la doveva proprio fare!
La cosa era oltremodo irritante perchè in un passato molto lontano Doris aveva avuto una relazione con lui. L’improbabile fidanzamento si era interrotto a causa dello stile di vita di Doris, ragazza molto disinvolta, perennemente inseguita da un codazzo di uomini. L’avventura aveva ferito l’amor proprio del giovane Arturo e i due si erano lasciati con qualche ruvidezza. Da allora, se c’era una persona in tutta la città che lui incontrava malvolentieri era Doris Rolando, anche se il desiderio di rivederla aveva continuato a causare nel suo cuore una certa confusione.
Il giorno successivo al dimezzamento, Ardea Dessimis stava trascrivendo i resoconti mensili quando entrò in ufficio un signor Arturo così diafano che Ardea fece fatica a contenere un grido di raccapriccio. La bionda dattilografa che attribuiva all’amore ogni disturbo fisico, suppose che il ragionier Diaz si fosse ridotto in quelle condizioni a causa di una relazione extraconiugale. La verità, un poco più complessa della supposizione di Ardea, era che nel corso della notte le due parti del signor Arturo si erano incontrate per strada ed avevano dato il via a un duello di offese che le aveva ridotte a malpartito.
- Incosciente depravato! - aveva esordito la parte seria.
- Borghesuccio! - era stata la risposta dell’altra.
- Erotomane pazzo!
- Perbenista!
- Maniaco sessuale!
- Impotente!
La violenza della lite aveva fatto sì che da quelle che erano state due parti abbastanza omogenee della sua personalità venisse fuori di tutto: pregi, difetti, debolezze, istinti, e che ognuno di quei frammenti se ne andasse in giro per la città per conto proprio. Al lavoro si presentò la costanza professionale, unità che rappresentava sì e no il venti per cento dell’intero, ecco il motivo dell’aspetto emaciato che aveva allarmato Ardea.
Quel poco di signor Arturo che si era recato in ufficio si accinse a smaltire le pratiche che si trovavano sul tavolo. Benché la costanza professionale fosse la parte più versata nei calcoli, la mancanza di quote importanti di pensiero ne rese impossibile l’esecuzione. Il signor Arturo quel giorno non combinò nulla e tuttavia l’enorme autostima presente in quella piccola parte di sé gli lasciò credere di avere lavorato parecchio. Fu verso sera che la figura di Doris ricomparve tra i pensieri del capocontabile (nel distretto ragionieristico del suo cervello le immagini legate al piacere navigavano con molta lentezza).
-Bisogna troncare quella spiacevolissima relazione prima che sia troppo tardi!-
Ecco quale fu la decisione di quella modesta parte del signor Arturo, la quale immediatamente si mise in contatto con Doris per organizzare un incontro chiarificatore. Nel frattempo anche le altre frazioni avevano preso la decisione di rivedere Doris, ma con scopi molto diversi. Fu così che un folto gruppo di signori Arturo si accinse a partecipare al rendez-vous.
L’istinto sessuale fu il primo a presentarsi all’indirizzo della donna. La parte più esuberante del signor Arturo era un essere selvatico che Doris tentò sulle prime di tenere a bada. Ella tuttavia trovò molto lusinghiero che il signor Arturo tentasse approcci ancora prima di togliersi il soprabito.
Qualcuno suonò alla porta mentre Doris stava rivestendosi e il signor Arturo prese l’incombenza di andare ad aprire. Si trattava del secondo rappresentante dei ribelli, per l’esattezza lo spirito giovanile. Mentre l’istinto sessuale si nascondeva in salotto, il nuovo arrivato prese il suo posto tra le braccia della signora Rolando. La professoressa, ignara di quegli sdoppiamenti, non seppe nascondere il suo entusiasmo per il nuovo assalto. Mano a mano che le parti disperse del signor Arturo giungevano alla porta, il gioco si ripeteva e l’ultimo arrivato si tuffava nell’alcova della professoressa: i bastardi avevano programmato tutto! All’ennesimo amplesso la matura arpista dovette concludere che il vecchio fidanzato era un uomo davvero non comune!
Fu alle due di notte che fece la sua apparizione l’accigliatissimo senso di responsabilità del ragioniere. Sui divani, sulle sedie in cucina, sui tappeti, le frazioni ribelli del signor Arturo apparivano come soldati dopo una battaglia. Il senso di responsabilità, che a scanso di equivoci aveva lasciato la costanza professionale giù in strada, avanzò fino al letto dove la professoressa Rolando giaceva stravolta dalla notte d’amore. Quando la donna aprì gli occhi, egli la salutò con freddezza e uscì seguito da tutta la compagnia. L’opera di ricongiungimento del signor Arturo ebbe termine all’alba e per la verità nessuno dei frammenti in cui egli si trovava diviso vi si oppose.
A casa, entrato nella vasca da bagno per darsi una lavata, il ragionier Diaz fu vinto da un sonno profondo. Dormiva già da un pezzo nell’acqua quando venne raggiunto dalla concupiscienza che, ingannando tutti, era rimasta ancora un poco tra le lenzuola di Doris. Fu con molta circospezione che l’ultima parte del signor Arturo si riunì alle altre, perché se l’uomo si fosse svegliato le discussioni sarebbero riprese e chissà come sarebbe andata a finire.
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